martedì 9 febbraio 2016

APPROCCIO PSICOLOGICO NEL CALCIO:PSICOLOGIA DELLO SPORT E QUALITA' DELL'ISTRUTTORE



La psicologia dello sport è una vasta corrente di pensiero dove confluiscono diverse dottrine (psicologia, medicina, psichiatria, sociologia, pedagogia, filosofia, igiene, educazione fisica, riabilitazione, etc.) ed è pertanto un argomento di competenza multidisciplinare aperto al contributo che ciascuno può portare sulla base della propria preparazione specifica (Antonelli e Salvini, 1978).
La psicologia dello sport è lo studio dei fattori mentali e psicologici che influenzano e sono influenzati dalla partecipazione e dalla prestazione nello sport, nell’esercizio fisico e nell’attività fisica e l’ applicazione delle conoscenze acquisite attraverso questo studio che ogni giorno viene effettuato.
La psicologia dello sport professionale è interessata a come la partecipazione allo sport, all’esercizio ed all’attività fisica possa accrescere lo sviluppo personale ed il benessere durante l’intero arco della vita (Association for the advancement of applied sport psychology (AAASP), 1985). Sebbene sia prevista la figura ufficiale dello psicologo dello sport nello staff di una squadra, dilettante o agonistica che sia, è tuttavia vero che le condizioni economiche e sociali in cui la squadra stessa opera possono far cadere questa necessità.
E’ fondamentale dunque che un istruttore che guida un gruppo di bambini/adolescenti sia molto preparato circa la materia psicologica, proprio a causa della responsabilità che il suo ruolo comporta.
Non è senz’altro un compito facile descrivere le qualità che deve avere un buon allenatore che è chiamato a svolgere il difficile ruolo di guidare un gruppo, sia questo composto da ragazzi che da persone adulte. Essere allenatore è  un “mestiere” molto affascinante, ricco di soddisfazioni, ma anche pieno di responsabilità, con le quali bisogna necessariamente fare i conti quotidianamente, al fine di svolgere il proprio lavoro in maniera valida, efficace e produttiva.
Un allenatore deve favorire l’apprendimento cognitivo-motorio-tecnico, ossia una attività diretta all’acquisizione ed al perfezionamento di conoscenze e capacità che può cambiare o modificare la personalità di un individuo in seguito ad una o più esperienze.
Il lavoro di un buon istruttore/insegnante è quello di innalzare il livello tecnico-morale di tutti i componenti del suo gruppo e non solo dei più dotati o recettivi, il cosiddetto effetto pigmalione. Ha anche l’obiettivo di mescolare alla perfezione sia il metodo deduttivo che  induttivo, dosando quest’ultimo in particolare  per favorire la libera esplorazione e la scoperta guidata.
Un allenatore deve possedere i seguenti requisiti:
-Comunicazione: L’istruttore deve essere un ottimo comunicatore.
E’ fondamentale sottolineare che l’uomo attua una comunicazione sostanzialmente in tre modi:
1)Verbale: E’ un tipo di comunicazione che prevede l’utilizzo della voce.
Tale comunicazione è efficace se, dopo una corretta osservazione delle cose, si descrivono le microazioni, vengono utilizzate parole precise e concrete che possono essere precedentemente preparate. E’ inoltre importante riuscire a separare i fatti dalle opinioni ed usare frasi positive (eliminando la parola “non”) soprattutto nei feedback.
2)Para-Verbale: Riguarda prevalentemente il tono, il volume e i ritmi della voce, caratteristiche che devono sempre essere sapientemente dosate a seconda delle varie situazioni. Importante è anche l’utilizzo delle pause per sottolineare dei concetti ritenuti più importanti.
3)Non Verbale: Riguarda la mimica, la gestualità, la postura, lo sguardo, la distanza ed il contatto fisico.
I gesti vanno ben dosati ed hanno il solo scopo di chiarire le parole, non di essere utilizzati inutilmente. I gesti possono inoltre essere associati al cosiddetto “modellismo” ossia ricorrendo alla mimica nella spiegazione di un determinato gesto tecnico ad un bambino/adolescente.  Alcuni studi sui neuroni specchio hanno evidenziato una certa efficacia di questo modello.
Inoltre, la differenza la può fare non solo il tipo di sguardo che un allenatore usa nei confronti di un allievo, ma la distanza con la quale si posiziona per dire o chiarire un determinato concetto.
Nella comunicazione è importante una partecipazione attiva. Qualora il bambino non dovesse immediatamente recepire quanto gli viene detto, è necessario comprendere i cosiddetti “segnali di ritorno” e rilanciare il messaggio utilizzando una tecnica diversa.
-Ascolto: L’istruttore deve essere sicuramente un buon ascoltatore. Collegato direttamente alla comunicazione verbale, il saper ascoltare rappresenta una dote qualificante e condizionante il rapporto con i propri giocatori. Creare un clima favorevole alla comunicazione, attraverso un atteggiamento paziente ed attento da parte del Mister, darà un senso di fiducia a colui che si appresta a parlare.
-Osservazione: L’osservazione delle dinamiche comportamentali, della recettività dei propri messaggi, oltre che delle competenze tecnico-tattiche, è fondamentale per un buon allenatore. Egli deve essere in grado di evidenziare gli elementi qualificanti il comportamento e gli stati d’animo dei propri giocatori, non facendosi distrarre, distaccando i fatti dalle opinioni.
-Motivazione: La motivazione è un agente fisiologico, emotivo e cognitivo che organizza il comportamento individuale verso uno scopo. Essa si accompagna spesso ai bisogni dell’individuo. Secondo lo studioso Manslow esiste una sorta di teoria della gerarchia dei bisogni che prevede il soddisfacimento di bisogni dapprima  fisiologici, poi di sicurezza, sociali, di stima e infine di autorealizzazione.
In ambito calcistico i bisogni che i bambini/adolescenti vogliono soddisfare sono: competenza (apprendere e migliorare le proprie abilità sportive), divertimento (eccitamento, sfida ed azione), socializzazione (stare con gli amici e farsi nuovi amici), squadra (essere parte di un gruppo), competizione (gareggiare, avere successo, vincere) e forma fisica (sentirsi in forma o sentirsi più forte).
L’istruttore dovrà diventare un punto di riferimento per il bambino stesso, dovrà fornire giusti “incentivi” ossia stimoli organizzati volti ad acquisire nuovi elementi e modelli di risposte e comportamenti.
-Pianificazione  e programmazione: Un istruttore di livello ha l’obbligo di programmare il suo lavoro nei minimi dettagli. Programmare vuol dire pianificare in maniera precisa, sapere che cosa si fa in un determinato momento e perché la si fa.
Inizialmente si procede con un’ analisi generale che valuti le condizioni di partenza di tutti gli atleti a disposizione.

Successivamente, dopo aver analizzato i bisogni primari e secondari, vengono scelti gli obiettivi generali e specifici cui segue la scelta dei contenuti.
Infine, vengono scelti i metodi attraverso i quali ottenere gli obiettivi prefissati.
La valutazione e la strategia sul recupero/potenziamento completano quella che noi possiamo definire programmazione.