La psicologia
dello sport è una vasta corrente di pensiero dove confluiscono diverse dottrine
(psicologia, medicina, psichiatria, sociologia, pedagogia, filosofia, igiene,
educazione fisica, riabilitazione, etc.) ed è pertanto un argomento di
competenza multidisciplinare aperto al contributo che ciascuno può portare
sulla base della propria preparazione specifica (Antonelli e Salvini, 1978).
La psicologia
dello sport è lo studio dei fattori mentali e psicologici che influenzano e
sono influenzati dalla partecipazione e dalla prestazione nello sport,
nell’esercizio fisico e nell’attività fisica e l’ applicazione delle conoscenze
acquisite attraverso questo studio che ogni giorno viene effettuato.
La psicologia
dello sport professionale è interessata a come la partecipazione allo sport,
all’esercizio ed all’attività fisica possa accrescere lo sviluppo personale ed
il benessere durante l’intero arco della vita (Association for the
advancement of applied sport psychology (AAASP), 1985). Sebbene sia
prevista la figura ufficiale dello psicologo dello sport nello staff di una
squadra, dilettante o agonistica che sia, è tuttavia vero che le condizioni
economiche e sociali in cui la squadra stessa opera possono far cadere questa
necessità.
E’ fondamentale dunque che un istruttore che guida un gruppo di bambini/adolescenti sia molto preparato circa la materia psicologica, proprio a causa della responsabilità che il suo ruolo comporta.
E’ fondamentale dunque che un istruttore che guida un gruppo di bambini/adolescenti sia molto preparato circa la materia psicologica, proprio a causa della responsabilità che il suo ruolo comporta.
Non è
senz’altro un compito facile descrivere le qualità che deve avere un buon
allenatore che è chiamato a svolgere il difficile ruolo di guidare un gruppo,
sia questo composto da ragazzi che da persone adulte. Essere allenatore è
un “mestiere” molto affascinante, ricco di soddisfazioni, ma anche pieno di
responsabilità, con le quali bisogna necessariamente fare i conti
quotidianamente, al fine di svolgere il proprio lavoro in maniera valida,
efficace e produttiva.
Un allenatore
deve favorire l’apprendimento cognitivo-motorio-tecnico, ossia una attività
diretta all’acquisizione ed al perfezionamento di conoscenze e capacità che può
cambiare o modificare la personalità di un individuo in seguito ad una o più
esperienze.
Il lavoro di un
buon istruttore/insegnante è quello di innalzare il livello tecnico-morale di
tutti i componenti del suo gruppo e non solo dei più dotati o recettivi, il
cosiddetto effetto pigmalione. Ha anche l’obiettivo di mescolare alla
perfezione sia il metodo deduttivo che induttivo, dosando quest’ultimo in
particolare per favorire la libera esplorazione e la scoperta guidata.
Un allenatore
deve possedere i seguenti requisiti:
-Comunicazione:
L’istruttore deve essere un ottimo
comunicatore.
E’ fondamentale
sottolineare che l’uomo attua una comunicazione sostanzialmente in tre modi:
1)Verbale: E’ un tipo di comunicazione che prevede l’utilizzo
della voce.
Tale
comunicazione è efficace se, dopo una corretta osservazione delle cose, si
descrivono le microazioni, vengono utilizzate parole precise e concrete che
possono essere precedentemente preparate. E’ inoltre importante riuscire a
separare i fatti dalle opinioni ed usare frasi positive (eliminando la parola
“non”) soprattutto nei feedback.
2)Para-Verbale: Riguarda prevalentemente il tono, il volume e i
ritmi della voce, caratteristiche che devono sempre essere sapientemente dosate
a seconda delle varie situazioni. Importante è anche l’utilizzo delle pause per
sottolineare dei concetti ritenuti più importanti.
3)Non Verbale: Riguarda la mimica, la gestualità, la postura, lo
sguardo, la distanza ed il contatto fisico.
I gesti vanno
ben dosati ed hanno il solo scopo di chiarire le parole, non di essere
utilizzati inutilmente. I gesti possono inoltre essere associati al cosiddetto
“modellismo” ossia ricorrendo alla mimica nella spiegazione di un determinato
gesto tecnico ad un bambino/adolescente. Alcuni studi sui neuroni
specchio hanno evidenziato una certa efficacia di questo modello.
Inoltre, la differenza la può fare non solo il tipo di sguardo che un allenatore usa nei confronti di un allievo, ma la distanza con la quale si posiziona per dire o chiarire un determinato concetto.
Inoltre, la differenza la può fare non solo il tipo di sguardo che un allenatore usa nei confronti di un allievo, ma la distanza con la quale si posiziona per dire o chiarire un determinato concetto.
Nella
comunicazione è importante una partecipazione attiva. Qualora il bambino non
dovesse immediatamente recepire quanto gli viene detto, è necessario
comprendere i cosiddetti “segnali di ritorno” e rilanciare il messaggio
utilizzando una tecnica diversa.
-Ascolto: L’istruttore deve essere sicuramente un buon
ascoltatore. Collegato direttamente alla comunicazione verbale, il saper
ascoltare rappresenta una dote qualificante e condizionante il rapporto con i
propri giocatori. Creare un clima favorevole alla comunicazione, attraverso un
atteggiamento paziente ed attento da parte del Mister, darà un senso di fiducia
a colui che si appresta a parlare.
-Osservazione: L’osservazione delle dinamiche comportamentali, della recettività dei propri messaggi, oltre che delle competenze tecnico-tattiche, è fondamentale per un buon allenatore. Egli deve essere in grado di evidenziare gli elementi qualificanti il comportamento e gli stati d’animo dei propri giocatori, non facendosi distrarre, distaccando i fatti dalle opinioni.
-Motivazione: La motivazione è un agente fisiologico, emotivo e cognitivo che organizza il comportamento individuale verso uno scopo. Essa si accompagna spesso ai bisogni dell’individuo. Secondo lo studioso Manslow esiste una sorta di teoria della gerarchia dei bisogni che prevede il soddisfacimento di bisogni dapprima fisiologici, poi di sicurezza, sociali, di stima e infine di autorealizzazione.
In ambito calcistico i bisogni che i bambini/adolescenti vogliono soddisfare sono: competenza (apprendere e migliorare le proprie abilità sportive), divertimento (eccitamento, sfida ed azione), socializzazione (stare con gli amici e farsi nuovi amici), squadra (essere parte di un gruppo), competizione (gareggiare, avere successo, vincere) e forma fisica (sentirsi in forma o sentirsi più forte).
-Osservazione: L’osservazione delle dinamiche comportamentali, della recettività dei propri messaggi, oltre che delle competenze tecnico-tattiche, è fondamentale per un buon allenatore. Egli deve essere in grado di evidenziare gli elementi qualificanti il comportamento e gli stati d’animo dei propri giocatori, non facendosi distrarre, distaccando i fatti dalle opinioni.
-Motivazione: La motivazione è un agente fisiologico, emotivo e cognitivo che organizza il comportamento individuale verso uno scopo. Essa si accompagna spesso ai bisogni dell’individuo. Secondo lo studioso Manslow esiste una sorta di teoria della gerarchia dei bisogni che prevede il soddisfacimento di bisogni dapprima fisiologici, poi di sicurezza, sociali, di stima e infine di autorealizzazione.
In ambito calcistico i bisogni che i bambini/adolescenti vogliono soddisfare sono: competenza (apprendere e migliorare le proprie abilità sportive), divertimento (eccitamento, sfida ed azione), socializzazione (stare con gli amici e farsi nuovi amici), squadra (essere parte di un gruppo), competizione (gareggiare, avere successo, vincere) e forma fisica (sentirsi in forma o sentirsi più forte).
L’istruttore
dovrà diventare un punto di riferimento per il bambino stesso, dovrà fornire
giusti “incentivi” ossia stimoli organizzati volti ad acquisire nuovi elementi
e modelli di risposte e comportamenti.
-Pianificazione e programmazione: Un istruttore di livello ha l’obbligo di programmare il suo lavoro nei minimi dettagli. Programmare vuol dire pianificare in maniera precisa, sapere che cosa si fa in un determinato momento e perché la si fa.
-Pianificazione e programmazione: Un istruttore di livello ha l’obbligo di programmare il suo lavoro nei minimi dettagli. Programmare vuol dire pianificare in maniera precisa, sapere che cosa si fa in un determinato momento e perché la si fa.
Inizialmente si
procede con un’ analisi generale che valuti le condizioni di partenza di tutti
gli atleti a disposizione.
Successivamente,
dopo aver analizzato i bisogni primari e secondari, vengono scelti gli
obiettivi generali e specifici cui segue la scelta dei contenuti.
Infine, vengono scelti i metodi attraverso i quali ottenere gli obiettivi
prefissati.
La valutazione e la strategia sul recupero/potenziamento completano quella che noi possiamo definire programmazione.
La valutazione e la strategia sul recupero/potenziamento completano quella che noi possiamo definire programmazione.