ARRIGO SACCHI:
“ sbarca a Viareggio per assistere al quarto di finale
fra la Roma e la Rappresentativa di Serie D.
Non si salvano
neppure gli allenatori: «In occasione del Viareggio ho letto e sentito in
televisione interviste assurde. Allenatori che parlano della propria squadra
come se allenassero dei professionisti di Serie A.
Qui si pensa solo al risultato e agli espedienti
tattici per conseguirlo. Si dice ai ragazzi di spazzare via per non correre
rischi oppure di stare tutti dietro la linea della palla per non prendere gol.
Niente di più sbagliato, a livello di settore giovanile.
Quando gli insegniamo a giocare, a prendersi dei rischi,
a finalizzare l’azione attraverso la manovra corale? Bisogna riprendere in mano
l’abc della tecnica, creare basi solide nei fondamentali.
Poi, attraverso il gioco, vedrai che arriveranno anche i
risultati.
Invece qui si vuole tutto subito. Un allenatore spesso
non è scelto o giudicato per la sua bravura e per la sua capacità di
insegnamento, ma per titoli vinti. Una sciagura».”
CESARE PRANDELLI:
“anche il ct sottolinea il principale motivo delle
difficoltà di crescita dei ragazzi italiani nei vivai: ''Subiscono troppe
pressioni in famiglia.
E se non hanno carattere è dura emergere.
Le società puntino maggiormente sulla qualità''
Prandelli con il
settore giovanile dell'Atalanta ha vinto scudetti con Allievi e Primavera oltre
al Torneo di Viareggio del 1993. "Quando il presidente dell'Atalanta di
allora Bortolotti mi chiamò, mi disse: “Probabilmente non crescerai nessun
campione, ma con te i ragazzi almeno verranno educati”.
Quella frase mi
ha formato, mi è sempre rimasta in mente. Per l'esperienza accumulata in
carriera, se si vogliono sviluppare al meglio i vivai è necessario puntare
sulla qualità tecnica.
Ai più
piccoli è necessario fornire loro la voglia di giocare, puntando sempre e solo
con esercizi sulla palla, dagli Allievi in avanti è importante inserire anche
l'organizzazione. Il vivaio è un mondo speciale, che ti rimane sempre dentro.
Ed è un esperienza unica".
Ma
non sono tutte rose e fiori... "Il vero problema non sono i bambini ma i
genitori", ammonisce "Io i genitori ho provato ad allenarli per otto
mesi ma poi ho rinunciato: mettono troppe pressioni, quando invece bisogna
sbagliare. Il bambino stesso è più attento a capire il proprio futuro, con
l'assillo dei famigliari diventa tutto più difficile. E' vero che nelle
difficoltà si forma il carattere ma è anche vero che in tal modo è più dura
emergere.
E
poi la figura dell'allenatore è lì apposta per decidere sulle potenzialità del
ragazzo.
Le
pressioni esterne non lo aiutano. Se non altro, aiutano a forgiare il tecnico.
Non a caso ho sempre sostenuto che chi uscisse da un super corso di Coverciano
debba obbligatoriamente passare da un settore giovanile".”
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