domenica 28 giugno 2015

LE CINQUE QUALITA’ CHE BISOGNA POSSEDERE PER DIVENTARE UN BUON ISTRUTTORE DI SCUOLA CALCIO



Esaminiamo in questo breve articolo, le cinque qualità che un buon Istruttore deve possedere per essere all’altezza del suo compito e che le permettono di lavorare in modo attento e professionale.
Parleremo, pertanto, di:

COMPETENZA;
CAPACITA’ DI COMUNICARE;
CARISMA – PERSONALITA’;
CAPACITA’ GESTIONALI;
SAPER EDUCARE ALL’EMOTIVITA’.

COMPETENZA
Un istruttore COMPETENTE mira all’acquisizione di SAPERI (costituiti da conoscenze, nozioni ed informazioni generali e specialistiche), CAPACITA’ (come principi generali di azioni) che assicurino il controllo della sua attività didattica.
Per divenire competenti non basta più essere capaci di riprodurre MODELLI DA IMITARE (come avveniva attraverso l’addestramento a cui corrispondeva un apprendimento che induceva i comportamenti desiderati in modo meccanico), ma bisogna essere in grado di avere un controllo sulle procedure e sulle azioni (come avviene attualmente attraverso la FORMAZIONE DELLE COMPETENZE,
acquisendo il PERCHE’ ed il COME di ciò che viene appreso).
La COMPETENZA non è mai STATICA ed in nessun modo può dirsi raggiunta.
La COMPETENZA è una qualità che permette a ciascun ISTRUTTORE di adeguarsi ARMONICAMENTE alle richieste dell’ambiente (basti pensare alla radice etimologica della parola stessa: COMPETENTIA, per la tarda latinità, significava corrispondenza, armonia ad una realtà data).
Sotto questo aspetto un ISTRUTTORE COMPETENTE saprà adeguarsi armonicamente alle richieste dell’ambiente in cui opera.
Le proprie COMPETENZE, ciascun ISTRUTTORE le costruirà in un orizzonte di FORMAZIONE continua, dato che è il contesto dinamico in cui si troverà ad operare.
Ogni COMPETENZA è formata da un mix equilibrato di SAPERE, SAPER FARE,
SAPER ESSERE.
Mentre il SAPERE è costituito dall’insieme delle informazioni e delle nozioni, sia di tipo generale che specifico (possedute dall’individuo), il SAPER FARE è la capacità di metterle in pratica attraverso abilità pratiche e concettuali.
Il SAPER ESSERE, invece, è una META‐QUALITA’ che indica le caratteristiche personali del soggetto e di quei processi psicologici e sociali che lo preparano a prestazioni efficaci.
Un ISTRUTTORE COMPETENTE dovrà possedere tutte e 3 queste qualità contemporaneamente.
Ciascuna di queste QUALITA’ si serve prevalentemente, anche se non esclusivamente, di certi CANALI DI TRASMISSIONE:
il SAPERE privilegia la COMUNICAZIONE SCRITTA e VERBALE;
il SAPER FARE privilegia l’ESPERIENZA PRATICA;
il SAPER ESSERE privilegia l’ESEMPIO INTENZIONALE, lo STIMOLO, la SITUAZIONE PROBLEMATICA.
Faccio un esempio.
Un ISTRUTTORE COMPETENTE, per quanto riguarda l’AMBITO TECNICO, deve SAPERE o meglio CONOSCERE la TECNICA, ma deve anche SAPER FARE (didatticamente parlando) un ALLENAMENTO sulla TECNICA; questo però non basta (e di solito è la cosa più difficile da acquisire); deve anche SAPER ESSERE l’istruttore dei suoi giovani allievi, diagnosticando la composizione del gruppo, risolvendo i problemi di comprensione di ognuno, relazionandosi a ciascuno di essi in modo adeguato.
Solo la COMBINAZIONE di queste QUALITA’ determinerà la FORMAZIONE di un ISTRUTTORE COMPETENTE.

CAPACITA’ DI COMUNICARE
Quando ci si trova di fronte ad un processo di INSEGNAMENTO/APPRENDIMENTO, come avviene all’interno di una SCUOLA CALCIO tra ISTRUTTORE ed i suoi GIOVANI DISCENTI, diviene fondamentale,
per la sua riuscita, la COMUNICAZIONE INTERPERSONALE (verbale e non verbale) in entrambe le direzioni dei due soggetti educativi coinvolti.
È chiaro che in una SCUOLA CALCIO, vista la differenza di età dei soggetti coinvolti, con particolare riferimento alla comunicazione verbale, è molto più importante la capacità di comunicare dell’ISTRUTTORE in direzione del DISCENTE.
La figura dell’ISTRUTTORE è fondamentale a livello di COMUNICAZIONE. Per indirizzare la qualità di quest’ultima in entrambe le direzioni (COMUNICAZIONE INTERPERSONALE).
Senza un’adeguata COMUNICAZIONE INTERPERSONALE non è possibile in realtà perseguire un efficace processo di INSEGNAMENTO/APPRENDIMENTO, ma soprattutto si rischia di produrre una COMUNICAZIONE INEFFICACE o addirittura contraddittoria.
Ma cos’è la COMUNICAZIONE INTERPERSONALE?
La si definisce, solitamente, come una serie di messaggi scambiati tra persone utilizzando vari codici ed all’interno di un contesto che pone dei limiti e predispone dei contatti.
Si definisce COMUNICAZIONE qualsiasi comportamento che si ha in presenza di un’altra persona.
Per questo si può comunicare con un’altra persona non solo attraverso il LINGUAGGIO VERBALE (le parole) e PARAVERBALE (come le parole vengono dette: tono della voce, pause tra le stesse…), ma anche attraverso quello NON VERBALE fatto di gesti, posture, silenzi.
Questo deve rendere consapevoli dei buoni ISTRUTTORI che il proprio comportamento è sempre e comunque un comportamento comunicativo, sia esso consapevole che inconsapevole.
Avendo a che fare nella SCUOLA CALCIO con bambini in tenera età, per l’ISTRUTTORE, tra i vari tipi di COMUNICAZIONE, le più importanti sono: la COMUNICAZIONE VERBALE e quella PARAVERBALE.
L’importanza di quella VERBALE crescerà proporzionalmente con il crescere dell’età dei soggetti coinvolti.
Un’altra dote importante (per quanto concerne la COMUNICAZIONE) per diventare un buon ISTRUTTORE DELLA SCUOLA CALCIO, vista la giovane età dei soggetti coinvolti, è quella di IMMEDESIMARSI, a livello psicologico, nei propri interlocutori (i giovani calciatori).
L’IMMEDESIMARSI è una STRATEGIA di conoscenza e comprensione dell’altro che può avvenire attraverso un’identificazione reciproca; tale strategia viene denominata EMPATIA.
L’EMPATIA utilizza il meccanismo psicologico di proiezione: io mi proietto nell’altro, faccio sospensione del mio giudizio, cerco di capire il mondo dal punto di vista dell’altro ed in questo modo posso capire meglio i contenuti esperienziali di chi mi sta di fronte.

CARISMA – PERSONALITA’
Un’ISTRUTTORE DELLA SCUOLA CALCIO, per essere una figura importante all’interno del gruppo‐squadra, un autentico punto di riferimento per tutti coloro che gli gravitano attorno, deve possedere il necessario CARISMA ed una forte PERSONALITA’.
Vediamo ora nel dettaglio cosa significa avere CARISMA e PERSONALITA’.
Per avere il necessario CARISMA bisogna dimostrare di credere in tutto ciò che si dice; ogni gesto va fatto con forza ed energia, ogni espressione deve essere coerente con il significato che ha per noi il nostro messaggio.
Possedere una forte PERSONALITA’ vuol dire saper coniugare in modo coerente i modi di sentire, pensare e comportarsi.
La PERSONALITA’ è ciò che ci rende UNICI, diversi gli uni dagli altri, rappresenta il modo di interagire con il mondo.
Un ISTRUTTORE con una forte PERSONALITA’ sarà in grado di liberare ai massimi livelli la propria CREATIVITA’ ed avrà la capacità di mettere più forza ed energia in ciò che dice e ciò che fa.
Già da quest’ultima affermazione si può intuire che il CARISMA è una caratteristica tipica di un soggetto dotato di una forte PERSONALITA’.
Una persona dotata di CARISMA e PERSONALITA’ è prima di tutto una persona dotata di una forte AUTOSTIMA.
Un ISTRUTTORE con forte PERSONALITA’ e CARISMA può assumere all’interno del gruppo‐squadra il ruolo di LEADER.

CAPACITA’ GESTIONALI
Un buon ISTRUTTORE DELLA SCUOLA CALCIO deve possedere anche ottime CAPACITA’ GESTIONALI, intese come capacità di gestire le persone e le risorse.
Quante e quali sono le CAPACITA’ GESTIONALI più importanti? Io ritengo occorra, per quanto riguarda la SCUOLA CALCIO, metterne in risalto 6.
1. ORGANIZZAZIONE: intesa come capacità di strutturare tutte le attività proprie e degli altri, le risorse possedute, il tempo a disposizione per il raggiungimento degli obiettivi prefissati.
2. CONTROLLO: l’istruttore deve essere sempre vigile e controllare che l’attività programmata, attraverso un continuo monitoraggio della stessa, possa svolgersi in base agli obiettivi prefissati. Grazie ai continui feed‐back (segnali di ritorno), dedotti durante l’attività di controllo, l’istruttore cercherà di garantire la necessaria rispondenza tra attese ed avvenimenti.
3. AUTOREVOLEZZA: l’istruttore, per gestire le persone, deve fare ricorso ad uno stile AUTOREVOLE e non AUTORITARIO. Le proprie ragioni, i propri intendimenti non andranno imposti a prescindere, ma andranno fatti accettare perché le persone riconoscono nel soggetto autorevole comportamenti adeguati, competenza e capacità di comunicare, equità ed equilibrio.
4. STABILIRE OPPORTUNE NORME COMPORTAMENTALI: l’istruttore deve, affinché ci sia ordine e disciplina all’interno del gruppo‐squadra (e non si corra il rischio di trovarsi di fronte alla più totale anarchia), stabilire
opportune REGOLE (NORME COMPORTAMENTALI) e fare in modo che vengano sempre rispettate. Inizialmente nella categoria PICCOLI AMICI e PULCINI queste REGOLE verranno definite dall’istruttore, con sviluppo di una morale ETERONOMA grazie alla quale ciò che è giusto o sbagliato si determina sulla base delle valutazioni fatte dagli adulti. A partire dalla categoria ESORDIENTI, anche i bambini potranno partecipare alla formulazione di alcune REGOLE, dato che in questo periodo in loro si svilupperà una MORALE AUTONOMA grazie alla quale ciò che è giusto o sbagliato si determina all’interno di ciascun individuo.
5. COERENZA: l’istruttore deve sempre gestire i problemi con la necessaria coerenza in modo tale che tutte le persone gravitanti attorno a lui abbiano sempre la necessaria fiducia nel suo operato. Avere la necessaria COERENZA presuppone la capacità di scegliere tra le diverse alternative con
ponderatezza, lucidità e tempestività.
6. COLLABORARE: l’istruttore deve saper COLLABORARE, COOPERARE con tutte le persone che gravitano attorno al team (gruppo‐squadra) per garantire la necessaria riuscita del progetto tecnico‐educativo. L’istruttore deve sempre trattare le persone coinvolte nel progetto, affinché si sentano stimolate e coinvolte nel progetto stesso, con rispetto e cortesia.

SAPER EDUCARE ALL’EMOTIVITA’
Ed ora l’ultima QUALITA’ (ma non per questo la meno importante), quella che potrebbe fare la differenza nella crescita dell’istruttore ed agire quale elemento di coesione tra tutte le altre: SAPER EDUCARE ALL’EMOTIVITA’.
Senza EMOZIONI non ci potrà essere APPRENDIMENTO (è risaputo che non si ha apprendimento senza gratificazione emotiva) e ci potranno essere difficoltà nei rapporti interpersonali; per riuscire a MOTIVARE i bambini, e stimolare in loro un interesse (la volontà non esiste se non c’è interesse), bisognerà coinvolgere la sfera emozionale.
Purtroppo nell’attuale generazione esistono gravi problemi emozionali rispetto a quelle precedenti.
E per risolvere questi problemi, vista la loro importanza per l’apprendimento, per i rapporti tra le persone, l’AMBITO SPORTIVO, viste le carenze della scuola e della famiglia in tal senso, rimane uno dei pochi ambiti educativi in cui si possa fornire quegli strumenti emotivi necessari per dare avvio a comportamenti quali
l’autocontrollo, l’empatia, l’autoconsapevolezza… qualità senza le quali risulterà difficile collaborare e cooperare con gli altri (ed in questo modo creare la giusta mentalità di squadra).
Il legame emotivo non si costruisce quando il rapporto tra ISTRUTTORE e BAMBINO è un rapporto di reciproca diffidenza o, addirittura, di assoluta incomprensione.
Per creare questo legame emotivo risulta estremamente importante l’attività
dell’ISTRUTTORE.
Come potrà un ISTRUTTORE “EDUCARE ALLE EMOZIONI” quando lui stesso non saprà viverle ed apprezzarle?
Quali saranno gli strumenti che un ISTRUTTORE DELLA SCUOLA CALCIO dovrà utilizzare per educare i suoi giovani calciatori alle EMOZIONI?
Gli strumenti saranno i seguenti:
1. GRATIFICARE spesso i bambini rinforzando in tale modo determinati comportamenti ed attività;
2. SAPERSI METTERE ALLO STESSO LIVELLO PSICOLOGICO DEI BAMBINI, scherzando e ridendo con loro;
3. FARLI SENTIRE IMPORTANTI in ciò che fanno ricorrendo ad esempi, aneddoti, metafore, sottili ironie, allo scopo di sviluppare quel surplus motivazionale che possa aiutare i bambini a superare i loro limiti;
4. l’istruttore dovrà far sentire sempre il suo TOTALE COINVOLGIMENTO EMOTIVO nelle attività svolte senza dare mai l’impressione di essere distaccato ed avulso dal contesto in cui i bambini operano.
fonte:centrostudicalci

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