Un elemento chiave nell'attività di un insegnante
riguarda la comprensione di quali siano le fonti da cui un giovane trae
informazioni riguardanti il suo livello di competenza. Gli psicologi sono
concordi nel sostenere che gli individui che posseggono un'elevata percezione
delle proprie competenze sportive sono molto motivati a continuare ad
impegnarsi in quelle attività, sono orientati a migliorare ulteriormente le
loro abilità e traggono piacere dalla pratica sportiva. Al contrario, quei
giovani che si ritengono poco competenti sono anche poco motivati, poco
persistenti nel raggiungere obiettivi di miglioramento e vivono l'esperienza
sportiva come poco attraente. E', quindi, possibile affermare che la percezione
di competenza costituisce un elemento di mediazione fra i risultati ottenuti o
la maestria dimostrata e i comportamenti messi in atto durante l'azione
sportiva. In questo ambito il comportamento dell'istruttore, nel suo ruolo di
insegnante, è estremamente importante poiché, grazie alla sua proposta formativa,
i bambini della Scuola Calcio svolgeranno delle attività che gli permetteranno
di acquisire quelle abilità sportive e psicosociali che sono state descritte
nei capitoli della guida tecnica. Imparare non è però sufficientemente
motivante a continuare in quella specifica attività, bisogna che sia anche
associato alla consapevolezza di aver imparato. Come è stato ribadito più volte
in questa Guida Tecnica un compito dell'istruttore è di sollecitare i bambini a
diventare consapevoli di quanto appreso e di cosa devono fare per migliorare
ulteriormente.
Inoltre, è dall'azione congiunta di queste due
componenti, avere imparato e sapere di avere imparato, che viene stimolata la
motivazione intrinseca, che implica il volere persistere nel giocare a calcio.
La motivazione intrinseca è la spinta interiore che sostiene l'impegno in
un'attività in cui si traggono delle soddisfazioni da ciò che si fa, al
contrario della motivazione estrinseca, che si basa sui rinforzi esterni (ad
esempio, premi, denaro, particolari riconoscimenti). La motivazione intrinseca si basa sul bisogno
e il desiderio del bambino di sentirsi competente e auto-determinato nei
confronti dell'ambiente che lo circonda. In ambito sportivo, questi bambini mostrano piacere e interesse verso le
attività svolte, impegnandosi negli esercizi e nei giochi proposti
dall'istruttore indipendentemente da premi e ricompense. Sono bambini
interessati ai nuovi esercizi, stimolati dalle difficoltà che incontrano e che
s'impegnano a superare. Al contrario quelli poco motivati intrinsecamente
s'impegnano se intravedono la possibilità di premi e ricompense da parte
dell'insegnante o dei genitori. Preferiscono gli esercizi facili in cui sanno
che avranno successo. Necessitano che l'insegnante li motivi e ne controlli
l'impegno.
Inoltre, i bambini che sono consapevoli delle loro
competenze motorie e sportive affrontano con sicurezza le attività proposte, si
fanno avanti volentieri quando c'è un esercizio nuovo da eseguire anche se
presenta delle difficoltà, si confrontano con i compagni senza timori. Al
contrario i bambini con una ridotta percezione di competenza motoria si muovono
in maniera più impacciata e tendono ad evitare il confronto con gli altri
coetanei.
Infine i giovani che si percepiscono
competenti e motivati intrinsecamente sviluppano un'aspettativa positiva nei
confronti della possibilità di continuare ad acquisire e migliorare le loro
competenze. In tal modo si viene a completare un circolo virtuoso per cui la
percezione di competenza sportiva si fonda su quanto appreso alla Scuola
Calcio, a sua volta viene incrementata la motivazione a persistere in
quell'attività e il bambino si aspetta di continuare a fare esperienze
positive, sviluppando un atteggiamento di fiducia nei confronti dell'istruttore.(figura
1)
Figura 1 - Modello psicologico per la partecipazione
all'attività sportiva.
Ritornare alla motivazione è comunque importante
proprio in quanto la motivazione intrinseca è presente in ogni processo di
apprendimento, così come in ogni situazione in cui un individuo (l'allenatore,
i genitori o i dirigenti) è nelle
condizioni d'influenzare i comportamenti di un altro. Gli elementi base di
questo tipo di approccio allo studio della motivazione sono i seguenti:
1. L'elemento fondamentale
di questa teoria consiste, come è stato detto, nell'idea che ogni individuo
desidera sapere che il risultato delle proprie azioni dipende da se stesso. Qui
di ogni intervento esterno teso a ridurre questo tipo di percezione provocherà
una riduzione della motivazione intrinseca. Succede in tutte quelle situazioni
in cui un giovane s'imegna al massimo solo per ricevere dei premi o per timore
di eventuali punizioni. In tal caso il bambino non si esprime motoriamente per
il piacere che trae, ad esempio dalla partita o dall'imparare qualcosa di
nuovo, ma in quanto spinto dal desiderio di ricevere una qualche forma di
apprezzamento esterno. Inoltre, il giovane così agendo si mette nelle mani di
un altro individuo che lo premierà in funzione di un proprio parametro personale,
che potrebbe differire completamente dal proprio.
2. La percezione di
competenza e l'entusiasmo derivato dalle situazioni di sfida sostengono la
motivazione intrinseca. Gli interventi dell'allenatore devono servire a
incrementare la percezione di efficacia personale, così il bambino saprà che
l'impegno posto e le strategie utilizzate sono adeguate al raggiungimento delle
mete che si era prefissato. Infatti, è necessario stimolare nei ragazzi la
crescita di un atteggiamento di completa responsabilità nei riguardi del
proprio agire motorio e sportivo, insegnando loro a sfruttare appieno le
istruzioni che vengono fornite dagli allenatori.
3. Non è decisivo se i
rinforzi sono materiali (trofei, materiale sportivo, gadget) o simbolici
(basati su apprezzamenti personali). Lo è il contenuto informativo di queste
comunicazioni. Ogni giovane, in seguito all'intervento dell'allenatore, può
sentirsi controllato o demotivato oppure compreso a livello razionale o ancora
assolutamente entusiasta; cosa è meglio? Avere un tecnico che prevalentemente
stabilisce un rapporto basato sia sugli aspetti logici della prestazione
(spiegando al giovane le componenti tecniche del gesto sportivo e fornendo così
istruzioni tecniche specifiche), che sulla trasmissione emotiva positiva (sostegno
psicologico diretto a sostenere nel giovane la convinzione nella sua capacità
di fronteggiare qualsiasi situazione sportiva).
4. Inoltre, l'orientamento
al compito favorisce l'aumento della motivazione intrinseca. Diversamente
l'orientamento al risultato, soprattutto nei bambini, può avere un'influenza
negativa. Per orientamento al compito si deve intendere la convinzione del
giovane sul fatto che "è grazie al mio impegno che divengo sempre più
bravo nel giocare a calcio". Al contrario un'enfasi eccessiva sul
risultato da ottenere può comportare una riduzione dell'impegno, che sarà con
probabilità massimo in quelle attività che già riescono bene. Pertanto,
allenatori orientati al compito sono quelli che rinforzano nei bambini per
prima cosa l'impegno che mettono durante le esercitazioni e i giochi e solo in
seconda battuta si soffermano sui risultati tecnici del loro agire, dando loro
istruzioni su come migliorare.
Entrando ancor più nello specifico, è possibile
identificare quali siano le fonti informative che i giovani utilizzano per
valutare il loro grado di competenza. Infatti, se per i bambini in età
prescolare il giudizio di competenza si fonda essenzialmente sulla padronanza
di semplici compiti motori e sul feedback ricevuto dagli adulti con cui
interagiscono più di frequente, a partire dai 5-7 anni i bambini mostrano la
tendenza a valutare le loro competenze confrontandole con le prestazioni dei loro coetanei. Questa
attività di confronto sociale diventa sempre più evidente durante gli anni della
scuola elementare e raggiunge il suo punto massimo alla fine
dell'infanzia/inizio adolescenza. Durante l'adolescenza, invece, i giovani
imparano ad integrare le informazioni provenienti da un numero maggiore di
fonti informative. Inoltre, per effetto della maturazione cognitiva al termine
dell'infanzia si riscontra, anche, una significativa interiorizzazione degli
standard di riuscita. In tal modo il bambino sviluppa dei parametri interni di
riuscita, che gli permetteranno di esprimere valutazioni relativamente autonome
a riguardo delle proprie prestazioni. La maggior parte dei risultati delle
ricerche, alcune delle quali condotte anche nel calcio (per una rassegna vedi
Cei, 1998), hanno evidenziato:
8-9 anni - i bambini di questa età indicano come fonti
principali di informazione sulle loro competenze i risultati di gioco e il
feedback degli adulti, e dimostrano che il piacere di sentirsi parte del
gruppo, che comporta lo stare con gli amici e il farsene di nuovi è la motivazione dominante e svolge un ruolo
di stimolo delle altre motivazioni riguardanti il divertirsi e l'acquisire
competenze.
10-11
anni - i bambini di questa età che si percepiscono competenti indicano come
fonti principali di informazione sulle loro competenze il confronto con gli
altri coetanei, i parametri personali di prestazione corrispondenti a quelli
che hanno interiorizzato durante la loro esperienza sportiva e le componenti
emotive collegate allo sport. Al contrario coloro che sono meno convinti delle
proprie competenze si servono maggiormente di fonti informative esterne come,
ad esempio, i risultati oggettivi delle prestazioni.
12-14
anni - i ragazzi di questa età indicano come fonti principali di informazione
sulle loro competenze le valutazioni dell'allenatore, il confronto con i propri
compagni e i criteri interni. Mentre, come nella fascia di età precedente, i
meno fiduciosi si servono con più frequenza di criteri a loro esterni come i
risultati oggettivi delle prestazioni e i feed-back dei genitori e degli
spettatori.
Altre variabili intervengono inoltre sul processo di
valutazione delle proprie competenze e prime fra tutte quelle riguardanti l'età
cronologica e lo sviluppo cognitivo. Infatti, le ricerche che hanno confrontato
fra loro le valutazioni degli insegnanti e quelle dei giovani hanno evidenziato
che la percezione di competenza diventa più accurata tra 10-13 anni rispetto
alle età precedenti.
In sintesi, emerge che le valutazioni degli istruttori
devono servire a porre le basi per cui nei giovani si affermino criteri interni
per esaminare i risultati delle loro prestazioni. Fondamenta così solide da
favorire una formazione psicosociale caratterizzata da autonomia di giudizio e
indipendenza psicologica nel considerare i propri punti di forza e di
debolezza.
I genitori dovrebbero svolgere non certo un ruolo di
insegnamento o di rinforzo tecnico ma un ruolo di sostegno psicologico
dell'impegno del loro figlio. Questa funzione non dovrebbe essere considerata
da parte dei familiari come una riduzione di ruolo ma, anzi, essenziale nel
dimostrare al bambino che si è contenti di quanto lui fa e che lo si incoraggia
a persistere nel giocare a calcio indipendentemente dai risultati che ottiene,
senza perciò condizionare questo sostegno al successo sportivo.
Fonte:guida tecnica figc
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