martedì 1 settembre 2015

L'APPLICAZIONE DELLA PSICOLOGIA NELLA SCUOLA CALCIO



Un elemento chiave nell'attività di un insegnante riguarda la comprensione di quali siano le fonti da cui un giovane trae informazioni riguardanti il suo livello di competenza. Gli psicologi sono concordi nel sostenere che gli individui che posseggono un'elevata percezione delle proprie competenze sportive sono molto motivati a continuare ad impegnarsi in quelle attività, sono orientati a migliorare ulteriormente le loro abilità e traggono piacere dalla pratica sportiva. Al contrario, quei giovani che si ritengono poco competenti sono anche poco motivati, poco persistenti nel raggiungere obiettivi di miglioramento e vivono l'esperienza sportiva come poco attraente. E', quindi, possibile affermare che la percezione di competenza costituisce un elemento di mediazione fra i risultati ottenuti o la maestria dimostrata e i comportamenti messi in atto durante l'azione sportiva. In questo ambito il comportamento dell'istruttore, nel suo ruolo di insegnante, è estremamente importante poiché, grazie alla sua proposta formativa, i bambini della Scuola Calcio svolgeranno delle attività che gli permetteranno di acquisire quelle abilità sportive e psicosociali che sono state descritte nei capitoli della guida tecnica. Imparare non è però sufficientemente motivante a continuare in quella specifica attività, bisogna che sia anche associato alla consapevolezza di aver imparato. Come è stato ribadito più volte in questa Guida Tecnica un compito dell'istruttore è di sollecitare i bambini a diventare consapevoli di quanto appreso e di cosa devono fare per migliorare ulteriormente.
Inoltre, è dall'azione congiunta di queste due componenti, avere imparato e sapere di avere imparato, che viene stimolata la motivazione intrinseca, che implica il volere persistere nel giocare a calcio. La motivazione intrinseca è la spinta interiore che sostiene l'impegno in un'attività in cui si traggono delle soddisfazioni da ciò che si fa, al contrario della motivazione estrinseca, che si basa sui rinforzi esterni (ad esempio, premi, denaro, particolari riconoscimenti).  La motivazione intrinseca si basa sul bisogno e il desiderio del bambino di sentirsi competente e auto-determinato nei confronti dell'ambiente che lo circonda. In ambito sportivo, questi  bambini mostrano piacere e interesse verso le attività svolte, impegnandosi negli esercizi e nei giochi proposti dall'istruttore indipendentemente da premi e ricompense. Sono bambini interessati ai nuovi esercizi, stimolati dalle difficoltà che incontrano e che s'impegnano a superare. Al contrario quelli poco motivati intrinsecamente s'impegnano se intravedono la possibilità di premi e ricompense da parte dell'insegnante o dei genitori. Preferiscono gli esercizi facili in cui sanno che avranno successo. Necessitano che l'insegnante li motivi e ne controlli l'impegno.
Inoltre, i bambini che sono consapevoli delle loro competenze motorie e sportive affrontano con sicurezza le attività proposte, si fanno avanti volentieri quando c'è un esercizio nuovo da eseguire anche se presenta delle difficoltà, si confrontano con i compagni senza timori. Al contrario i bambini con una ridotta percezione di competenza motoria si muovono in maniera più impacciata e tendono ad evitare il confronto con gli altri coetanei.
Infine i giovani che si percepiscono competenti e motivati intrinsecamente sviluppano un'aspettativa positiva nei confronti della possibilità di continuare ad acquisire e migliorare le loro competenze. In tal modo si viene a completare un circolo virtuoso per cui la percezione di competenza sportiva si fonda su quanto appreso alla Scuola Calcio, a sua volta viene incrementata la motivazione a persistere in quell'attività e il bambino si aspetta di continuare a fare esperienze positive, sviluppando un atteggiamento di fiducia nei confronti dell'istruttore.(figura 1)


 


Figura 1 - Modello psicologico per la partecipazione all'attività sportiva.


Ritornare alla motivazione è comunque importante proprio in quanto la motivazione intrinseca è presente in ogni processo di apprendimento, così come in ogni situazione in cui un individuo (l'allenatore, i genitori o i dirigenti)  è nelle condizioni d'influenzare i comportamenti di un altro. Gli elementi base di questo tipo di approccio allo studio della motivazione sono i seguenti:
1. L'elemento fondamentale di questa teoria consiste, come è stato detto, nell'idea che ogni individuo desidera sapere che il risultato delle proprie azioni dipende da se stesso. Qui di ogni intervento esterno teso a ridurre questo tipo di percezione provocherà una riduzione della motivazione intrinseca. Succede in tutte quelle situazioni in cui un giovane s'imegna al massimo solo per ricevere dei premi o per timore di eventuali punizioni. In tal caso il bambino non si esprime motoriamente per il piacere che trae, ad esempio dalla partita o dall'imparare qualcosa di nuovo, ma in quanto spinto dal desiderio di ricevere una qualche forma di apprezzamento esterno. Inoltre, il giovane così agendo si mette nelle mani di un altro individuo che lo premierà in funzione di un proprio parametro personale, che potrebbe differire completamente dal proprio.
2. La percezione di competenza e l'entusiasmo derivato dalle situazioni di sfida sostengono la motivazione intrinseca. Gli interventi dell'allenatore devono servire a incrementare la percezione di efficacia personale, così il bambino saprà che l'impegno posto e le strategie utilizzate sono adeguate al raggiungimento delle mete che si era prefissato. Infatti, è necessario stimolare nei ragazzi la crescita di un atteggiamento di completa responsabilità nei riguardi del proprio agire motorio e sportivo, insegnando loro a sfruttare appieno le istruzioni che vengono fornite dagli allenatori.
3. Non è decisivo se i rinforzi sono materiali (trofei, materiale sportivo, gadget) o simbolici (basati su apprezzamenti personali). Lo è il contenuto informativo di queste comunicazioni. Ogni giovane, in seguito all'intervento dell'allenatore, può sentirsi controllato o demotivato oppure compreso a livello razionale o ancora assolutamente entusiasta; cosa è meglio? Avere un tecnico che prevalentemente stabilisce un rapporto basato sia sugli aspetti logici della prestazione (spiegando al giovane le componenti tecniche del gesto sportivo e fornendo così istruzioni tecniche specifiche), che sulla trasmissione emotiva positiva (sostegno psicologico diretto a sostenere nel giovane la convinzione nella sua capacità di fronteggiare qualsiasi situazione sportiva).
4. Inoltre, l'orientamento al compito favorisce l'aumento della motivazione intrinseca. Diversamente l'orientamento al risultato, soprattutto nei bambini, può avere un'influenza negativa. Per orientamento al compito si deve intendere la convinzione del giovane sul fatto che "è grazie al mio impegno che divengo sempre più bravo nel giocare a calcio". Al contrario un'enfasi eccessiva sul risultato da ottenere può comportare una riduzione dell'impegno, che sarà con probabilità massimo in quelle attività che già riescono bene. Pertanto, allenatori orientati al compito sono quelli che rinforzano nei bambini per prima cosa l'impegno che mettono durante le esercitazioni e i giochi e solo in seconda battuta si soffermano sui risultati tecnici del loro agire, dando loro istruzioni su come migliorare.
Entrando ancor più nello specifico, è possibile identificare quali siano le fonti informative che i giovani utilizzano per valutare il loro grado di competenza. Infatti, se per i bambini in età prescolare il giudizio di competenza si fonda essenzialmente sulla padronanza di semplici compiti motori e sul feedback ricevuto dagli adulti con cui interagiscono più di frequente, a partire dai 5-7 anni i bambini mostrano la tendenza a valutare le loro competenze confrontandole  con le prestazioni dei loro coetanei. Questa attività di confronto sociale diventa sempre più evidente durante gli anni della scuola elementare e raggiunge il suo punto massimo alla fine dell'infanzia/inizio adolescenza. Durante l'adolescenza, invece, i giovani imparano ad integrare le informazioni provenienti da un numero maggiore di fonti informative. Inoltre, per effetto della maturazione cognitiva al termine dell'infanzia si riscontra, anche, una significativa interiorizzazione degli standard di riuscita. In tal modo il bambino sviluppa dei parametri interni di riuscita, che gli permetteranno di esprimere valutazioni relativamente autonome a riguardo delle proprie prestazioni. La maggior parte dei risultati delle ricerche, alcune delle quali condotte anche nel calcio (per una rassegna vedi Cei, 1998), hanno evidenziato:
 
8-9 anni - i bambini di questa età indicano come fonti principali di informazione sulle loro competenze i risultati di gioco e il feedback degli adulti, e dimostrano che il piacere di sentirsi parte del gruppo, che comporta lo stare con gli amici e il farsene di nuovi  è la motivazione dominante e svolge un ruolo di stimolo delle altre motivazioni riguardanti il divertirsi e l'acquisire competenze.

10-11 anni - i bambini di questa età che si percepiscono competenti indicano come fonti principali di informazione sulle loro competenze il confronto con gli altri coetanei, i parametri personali di prestazione corrispondenti a quelli che hanno interiorizzato durante la loro esperienza sportiva e le componenti emotive collegate allo sport. Al contrario coloro che sono meno convinti delle proprie competenze si servono maggiormente di fonti informative esterne come, ad esempio, i risultati oggettivi delle prestazioni. 
12-14 anni - i ragazzi di questa età indicano come fonti principali di informazione sulle loro competenze le valutazioni dell'allenatore, il confronto con i propri compagni e i criteri interni. Mentre, come nella fascia di età precedente, i meno fiduciosi si servono con più frequenza di criteri a loro esterni come i risultati oggettivi delle prestazioni e i feed-back dei genitori e degli spettatori.
 
Altre variabili intervengono inoltre sul processo di valutazione delle proprie competenze e prime fra tutte quelle riguardanti l'età cronologica e lo sviluppo cognitivo. Infatti, le ricerche che hanno confrontato fra loro le valutazioni degli insegnanti e quelle dei giovani hanno evidenziato che la percezione di competenza diventa più accurata tra 10-13 anni rispetto alle età precedenti.
 
In sintesi, emerge che le valutazioni degli istruttori devono servire a porre le basi per cui nei giovani si affermino criteri interni per esaminare i risultati delle loro prestazioni. Fondamenta così solide da favorire una formazione psicosociale caratterizzata da autonomia di giudizio e indipendenza psicologica nel considerare i propri punti di forza e di debolezza.
I genitori dovrebbero svolgere non certo un ruolo di insegnamento o di rinforzo tecnico ma un ruolo di sostegno psicologico dell'impegno del loro figlio. Questa funzione non dovrebbe essere considerata da parte dei familiari come una riduzione di ruolo ma, anzi, essenziale nel dimostrare al bambino che si è contenti di quanto lui fa e che lo si incoraggia a persistere nel giocare a calcio indipendentemente dai risultati che ottiene, senza perciò condizionare questo sostegno al successo sportivo.

Fonte:guida tecnica figc
 


 

Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.