lunedì 11 dicembre 2017

LA RIFORMA DELLE MODALITA' DI CONFRONTO DELLA CATEGORIA ESORDIENTI

La categoria Esordienti, l’ultima della Scuola Calcio, vede rivoluzionate le proprie modalità di confronto.
Si passa dal gioco 11 contro 11 al 9 contro 9, sistema di gara che prima interessava soltanto la categoria Esordienti B.
Per quale motivo si è deciso di “tornare indietro”?
Per quali ragioni la Federazione ha preferito ridurre il numero dei partecipanti alle partite?

GIOCO E INTENSITA'
La stagione scorsa mi trovavo a collaborare con una società la cui prima squadra militava nel campionato di Promozione.
A volte è successo la partita degli Esordienti fosse seguita da quella degli adulti.
Entrambe le partite si disputavano sul medesimo campo, senza riduzione alcuna per i più piccoli.
In ciascuna occasione mi domandavo: “come può lo stesso spazio di gioco essere adatto alle due diverse categorie?”.
“Se le dimensioni sono ottimali per gli atleti di Promozione non è possibile che siano adatte anche alla squadretta di adolescenti”.
“O il campo è troppo piccolo per gli adulti oppure è tremendamente grande per gli Esordienti”.
Con l’introduzione del gioco 9 contro 9 – e la conseguente riduzione degli spazi di gioco – qualcosa è cambiato.
Nelle partite di calcio capita di frequente che il pallone finisca fuori dal gioco e che si verifichino tempi “morti”, perdite di tempo in cui non si svolge alcuna azione.
Modificando lo spazio, anche il tempo subisce una variazione.
  • nelle partite 4 contro 4 il pallone è fuori per circa l’8% del tempo totale di gioco;
  • in gare 7 contro 7 i tempi morti aumentano fino al 14%;
  • in confronti che coinvolgono 11 giocatori per squadra il tempo effettivo di gioco si abbassa a circa 2/3 del tempo totale.

La riduzione del numero dei partecipanti aumenta il grado di coinvolgimento di ciascun giovane atleta.
Secondo ricerche statistiche, nel gioco “9 contro 9” è 90.000 volte più facile e probabile che un calciatore sia coinvolto in un’azione di gioco rispetto alla modalità “11 contro 11”.
In conclusione: più un ragazzo è coinvolto nel gioco, più il gioco diventa motivante.

ORIENTAMENTO DI GIOCO
Per tutti gli appassionati di moduli, schemi tattici e numeri.
Il gioco a 9 permette a ciascun giocatore di toccare più volte il pallone, di essere molto più spesso al centro del gioco e di interagire con lo spazio e con i compagni in modo semplificato.
I Centri Federali Territoriali hanno scelto il sistema di gioco (1)3-2-3 in quanto:
  • permette un un duello 1 contro 1  nelle varie zone di campo (naturalmente se anche l’altra squadra adotta il medesimo posizionamento);
  • favorisce la collaborazione nelle catene esterne;
  • agevola la lettura delle situazioni di potenziale disparità numerica.
Non soltanto il (1)3-2-3, ma anche il (1)2-4-2 procede nella medesima direzione formativa.
Questo secondo schieramento promuove la collaborazione tra compagni di reparto e non vincola alcun giocatore a muoversi sempre con le spalle rivolte alla porta avversaria.
Anche l’estremo difensore – o il primo attaccante – riceve grandi benefici e agevolazioni da questa nuova modalità di confronto per gli Esordienti:
  • egli compie compie un numero di interventi 4 volte superiore alla media dei confronti 11 contro 11;
  • legge con più facilita le diverse situazioni di gioco, in quanto semplificate;
  • accompagna con più naturalezza e semplicità le azioni dei compagni.

Più gioco, più miglioro. E più mi diverto.
Un’altra differenza sostanziale tra le due modalità di confronto tra Esordienti.
Nel calcio a 11, ogni 30 minuti di gioco ciascun giocatore viene coinvolto per circa 1 minuto e 36 secondi, contro i 2 minuti e 6 secondi del gioco a 9.
Questo significa che diminuendo il numero dei giocatori coinvolti, aumenta il tempo di contatto di ciascuno di loro con l’attrezzo (pallone) di circa il 22%.
Ogni 4 partite giocate 9 contro 9 è come se si fossero giocate 5 partite nella modalità a 11.
Sempre riducendo gli spazi, diminuisce anche la “periferia“, ovvero tutta quella enorme porzione di campo che solitamente non viene utilizzata da alcun giocatore.
In conclusione, giocare in spazi ridotti non può fare altro che produrre del gran bene ai nostri giovani atleti.
Sono più coinvolti, hanno più probabilità di entrare in contatto con il pallone; giocare nello “stretto” è utile per incrementare le loro abilità tecniche e capacità cognitive e percettive.
Spesso sono chiamati a decidere in fretta, risolvendo situazioni di gioco attraverso il gesto tecnico.
Lasciamoli giocare.
(Fonte:mentalfootball)

domenica 15 ottobre 2017

DIFFERENZE TRA EDUCATORI E GENITORI/ALLENATORI



Lo SPORT è scuola di vita

voi considerate vostro figlio un bambino di 13-15-17 anni
noi consideriamo i vostri figli persone di 13-15-17 anni

voi considerate vostro figlio NON capace di prendere decisioni perché bambino
noi consideriamo i vostri figli persone capaci di prendere decisioni, e sul campo pretendiamo che prendano decisioni, soffriamo quando prendono quelle sbagliate.....cerchiamo di correggerli, ma non le prendiamo mai per loro

voi volete risolvere tutti i problemi di vostro figlio, se va male a scuola gli prendete qualcuno per le ripetizioni, se il professore è severo e da tanti compiti andate a parlare con lui lamentandovi, se l’allenatore urla o tira una pedata nel sedere....apriti cielo.......tutto questo anche se vostro figlio è sereno.....voi volete essere protagonisti della vita di vostro figlio
noi invece non vogliamo e non possiamo risolvere i problemi dei vostri figli, ogni giorno cerchiamo di allenarli fisicamente e mentalmente per dare loro gli strumenti per poter risolvere i problemi, noi non possiamo andare in campo al loro posto e per fortuna neanche voi, almeno hanno un posto dove crescere in modo autonomo
noi non possiamo proteggerli dall’avversario, diamo loro gli strumenti per affrontarlo, noi non vogliamo giocare al loro posto, noi vogliamo che loro siano i protagonisti della loro vita....e quando c’è da raccogliere i frutti noi ci nascondiamo

voi spesso sottolineate che vostro figlio è stanco e allora volete che salti un allenamento, che non vada a scuola perché è rientrato tardi dalla partita, perché si addormenta sul divano etc etc, senza considerare che indebolite la sua forza mentale
noi invece esortiamo i vostri figli a superare l’ostacolo della stanchezza, a tenere duro e provare a superare i propri limiti per ottenere un miglioramento, di tenere forte 2 azioni anche se hanno il carico sulle gambe di una partita intera, di ragionare anche se hanno speso tanto, cerchiamo di fortificare la loro resilienza la loro forza mentale perché essa è allenabile

sull’aspetto fisico invece abbiamo massima attenzione e sappiamo identificare quando una ragazzo è stanco fisicamente e va fermato, la nostra priorità non sono le partite, ma i vostri figli


voi difficilmente accettate il fallimento di vostro figlio, se ha un debito è un dramma, se prende un brutto voto è un dramma.....e se per caso viene bocciato....
noi invece accettiamo le sconfitte se sono il frutto di uno sforzo massimo, e insegniamo ai vostri figli che la cosa importante è uscire dal campo avendo dato tutto, avendo fatto il massimo delle proprie possibilità, ad uscire dal campo consapevoli di aver fatto il proprio dovere........quando così non è allora ci arrabbiamo, ma non per la sconfitta, solo per il modo in cui essa nasce
la cosa incredibile è che i vostri figli si rendono conto di questo e a volte non hanno bisogno di essere puniti.....per noi sono persone capaci di valutare e da soli cercano di risolvere il problema......noi li spingiamo ad assumersi le responsabilità delle loro azioni

voi spesso non sopportate le regole, da voi definite rigide, che noi diamo a vostro figlio, a volte avete anche consigliato a vostro figlio di darci una scusa o inventarsi una “balla” per sviare queste regole
noi invece diciamo ai vostri figli che le regole vanno rispettate, perché in un gruppo non si è soli e il rispetto verso l’altro è la base, ormai ovunque si parla di senso del diritto, noi trasmettiamo il senso del dovere.....e devo dire che lo sport è rimasto da solo a trasmettere questo.
senso del dovere e capacità di capire che ogni scelta comporta un seguito....e i problemi vanno affrontati

voi spesso trasmettete a vostro figlio che giocare nella squadra è un diritto, e quando lui non gioca allora lascia, non lotta
noi invece facciamo capire che il diritto che hanno è di essere seguiti e di ricevere lo stesso insegnamento, ma i frutti raccolti sono diversi perché gli alberi sono diversi e nello sport le differenze fisiche, tecniche, mentali, fanno la differenza e sono importanti....ma ognuno ha un ruolo e quando una ha consapevolezza di ciò che è allora può esprimersi al meglio e soprattutto migliorare

noi diciamo la verità ai vostri figli, anche se è sappiamo possa farli barcollare, ma non possiamo mentire nei loro confronti....siamo li però a indicargli la strada per poter migliorare e rialzarsi

noi facciamo capire ai vostri figli che è importante impegnarsi per ottenere il massimo....ma a volte non è sufficiente e si perde ugualmente

voi amate vostro figlio
noi amiamo i vostri figli

(tratto da il blog di enrico)

domenica 1 ottobre 2017

NON PROTEGGETE TROPPO I PICCOLI CALCIATORI



Un monito ai genitori iperprotettivi, le dinamiche di squadra, anche quelle fastidiose, sono necessarie per la formazione del carattere e la crescita del bambino.
 I bambini all’inizio della scuola calcio si stanno lentamente adattando al nuovo contesto. Questo è un momento importante, darà un indirizzo all'andamento dell’avventura sportiva per tutto l'anno visto che il primo approccio nella relazione con l’istruttore e coi compagni di squadra è determinante. Da questo punto di vista, la vita di spogliatoio assume un ruolo significativo in tutte le fasce d'età. Insegna la cura per le proprie cose e per la propria persona ed è un’area comune nella quale bisogna ritagliarsi uno spazio personale, da coltivare e proteggere. In campo, invece, questa zona “privata” corrisponde al ruolo o alla posizione che l'allenatore esorta il calciatore a tenere. Il bambino impara così a definire, all'interno di se, i confini della sua identità e facendo rispettare gli spazi fisici rafforza la sua autostima, oltre a imparare a mettersi in relazione con quelli degli altri. Sono le basi per acquisire il rispetto per se stessi e per il prossimo.

LE CRITICITÀ FORMANO E FORTIFICANO
Lo spogliatoio ha una valenza educativa, nel percorso di maturazione del giovane, come luogo dove esercitarsi a coltivare grandi amicizie e gestire rapporti difficili. Può capitare che durante la stagione qualche scarpino voli in aria, che uno spintone o qualche parola di troppo “ferisca” il piccolo calciatore che sarà tentato di lasciare l’allenamento anzitempo. Sono situazioni grazie alle quali il bambino ha l'opportunità di sperimentare la sua reazione di fronte all'aggressività altrui, confrontandosi anche con la propria o con la sua eventuale tendenza a subire. In tal modo, troverà col tempo il giusto equilibrio. Così quel luogo, dove le personalità dei singoli si incrociano e a volte si scontrano, si trasforma in una palestra di vita… esattamente come il rettangolo verde. E così le soluzioni adottate per risolvere i problemi – in campo come nel rettangolo di gioco – diventeranno schemi mentali da recuperare e mettere in pratica in ogni circostanza analoga futura, nel calcio e nella vita. Lo spogliatoio è quindi un luogo nel quale è necessario salvaguardare se stesso e le proprie cose e nel quale venire mortificato e subire aiuta a stimolare lo spirito di reazione e quindi accresce il carattere.

MAMME E PAPÀ FIDATEVI DEL MISTER
Gli istruttore pongono particolare attenzione ai bambini che arrivano al campo già pronti, in divisa di allenamento, o se ne vanno via senza fare la doccia. Sono segnali cui prestare attenzione e i tecnici, a ragione, esortano il piccolo a “vivere” lo spogliatoio perché la vita al suo interno contribuisce a creare il gruppo grazie alla sua valenza educativa. È determinante far comprendere tutto ciò ai genitori che inconsciamente appoggiano le titubanze dei loro figli, come vanno d’altro canto rassicurati quando mostrano preoccupazioni se il bambino si lamenta di subire, nello spogliatoio, la vivacità dei compagni. D’altronde in una società di calcio l'occhio attento di un adulto non manca mai (sia esso l’istruttore o il dirigente che segue la squadra), a mamme e papà va spiegato sin dall’inizio che per il bene dei piccoli devono sostenere l’istruttore e delegargli la gestione dei bisticci e delle criticità che nello spogliatoio quasi inevitabilmente si verificheranno. L’allenatore sa come sdrammatizzare e riportare i bambini a divertirsi stemperando le tensioni. Nelle fasce d’età più alte, a partire dagli Allievi, è invece bene esortare i ragazzi coinvolti in dinamiche che contemplano stizza e incomprensioni a provare a risolvere la situazione da soli. In questi casi porsi con un certo distacco fa sì che i giovani calciatori si esercitino a sperimentare la loro autonomia.


venerdì 23 giugno 2017

LA LEZIONE DI VITA DEI PICCOLI CALCIATORI



La purezza dei bambini nell’affrontare il gioco è una sana lezione anche per noi adulti, non pensano troppo non fanno congetture, vivono lo sport, come la vita, con stupore e spontaneità.
È estate e il rettangolo verde è avvolto dal silenzio... Sembra un mare calmo che si riposa al sole, dopo aver tanto ondeggiato delle grida di piccoli calciatori. Grandi onde fatte di lunghe corse, improvvisi scatti e cambi di direzione... E quando, nei pomeriggi di allenamento, si colorava di cinesini e conetti gialli, blu e rossi, questi sembravano boe intorno alle quali l'energia limpida di ogni bambino si orientava nel perseguire la sua rotta. Anche sotto la pioggia di dicembre, sotto le nubi di coriandoli a febbraio e quando, in aprile, tra i fili d'erba cominciavano a comparire delle piccole margherite. Anche allora quel mare continuava a respirare di piccole onde, di faccette piene di entusiasmo e vita che all'unisono con il vento e l'azzurro del cielo compivano il loro moto cristallino. Ora che la scuola calcio si è conclusa quel mare è calmo. Una calma di attesa. Come le aule di scuola avvolte anch'esse dal silenzio, come gli zaini e gli scarpini momentaneamente riposti nell'angolo di una cameretta. Se ci poniamo a osservare un campetto vuoto forse riusciamo a comprendere il vero senso del calcio così come lo vivono i bambini, nello stesso modo in cui si osserva il mare, o come si osserva un paesaggio meraviglioso d’alta montagna oppure un fiore di cactus che sboccia miracolosamente da una pianta abituata a vivere in un terreno arido.

IL CALCIO PER I PICCOLI È STUPORE E ISTINTO
Il calcio per i bambini è stupore. Loro non sanno che i saggi maestri Zen esortano a vivere di sensazioni immediate e a non pensare e ripensare a ciò che si fa per non intorpidire le acque della mente di rimuginii che ci allontano dal senso di assoluto e di pace. I bambini lo fanno spontaneamente, perché la vita non li ha ancora intorpiditi di congetture. E nel giocare a pallone provano gioia e diventano un tutt'uno con la natura, con la bellezza. Loro incarnano la purezza in tutto ciò che fanno. Con questo atteggiamento il mondo è nelle loro mani, perché ne sono parte integrante e ogni loro movimento è così in armonia con tutto il resto che procura loro quel benessere che noi adulti spesso aneliamo e cerchiamo a destra e a manca, ogni giorno. Ci sono alcuni di noi che lo cercano attraverso il denaro, nelle soddisfazioni fittizie, nelle abbuffate di cibo o di abbigliamento, nel vincere mere competizioni con altri simili e anche, a volte, nella solitudine. Forse alla base della sconfitta mentale, che talvolta ci sembra inevitabile così come nel calcio sembra esserlo una partita fatalmente persa, c'è proprio questa attitudine a concentrarsi disperatamente sul raggiungimento del successo, a cercare soddisfazioni nelle cose materiali ed effimere.

E LA VITTORIA AVVIENE IN UN LAMPO
Un grande maestro Zen, Taisen Deshimaru, insegna: «se desideriamo vincere, non vinceremo», vale a dire che non bisogna concentrarsi sul desiderare, ma agire senza pensare a niente, spinti solo dalla propria energia e dalla voglia di combattere «come se fosse in gioco la vita stessa». Proprio come fanno i samurai quando, con un fiore di ciliegio posto sotto l'armatura, scendono in campo. Lo sport dovrebbe essere praticato concentrati solo sui propri gesti, sulle emozioni del momento e senza pensare a nulla, come a nulla pensano le onde del mare o le gocce di pioggia che bagnano i k-way indossati dai bimbi in allenamento. «Se l'atteggiamento è quello giusto», come dicono i maestri Zen, «la vittoria avviene in un lampo». Quindi proviamo a vedere il rettangolo verde con gli occhi del bambino che siamo stati e anziché suggerire ai piccoli calciatori come fare per vincere; lasciamoci ispirare da loro a reimparare a vivere nell'immediato e in modo semplice. Forse lo stupore e la pace giungerà in un attimo anche dentro di noi.

venerdì 14 aprile 2017

PIANIFICAZIONE DI UNA PROGRAMMAZIONE DIDATTICA



Per poter organizzare una programmazione è necessario che l’educatore sia in grado di osservare il
livello iniziale del singolo e del gruppo:

Conoscere le situazioni da osservare: capacità motorie in generale, livelli cognitivi, aspetti
relazionali e di comunicazione fra singoli all’interno del gruppo

Saper finalizzare l’osservazione: cogliere gli aspetti peculiari dei singoli e del gruppo per
determinare obiettivi che interessino lo sviluppo di tutte le funzioni (cognitiva, affettiva,
sociale e motoria).

Saper organizzare l’osservazione: predisporre specifiche Unità Didattiche adatte ai singoli
e al gruppo

Nell’analizzare la situazione di partenza individuare: Interesse, Impegno, Capacità (in
particolare motorie), Abilità (in particolare motorie), Rapporti interpersonali.
Esprimere le capacità, le abilità e gli aspetti comportamentali riscontrati sull’alunno in termini di:
adeguati, carenti, superiori.
Per gli operatori nel campo dell’attività motoria che aiutano persone ad apprendere
movimenti si devono porre 3 domande fondamentali: CHI? - DOVE? - COSA?

CHI? Chi è il soggetto dell’apprendimento.
CHE COSA? Quale scopo si prefigge.
DOVE? In quale contesto il soggetto vuole essere in grado di svolgere quanto appreso.

CHI È il soggetto che stiamo educando, un ragazzo, un bambino. L’età biologica corrisponde a
quella cronologica?
COSA È il compito che il soggetto vuole essere in grado di fare: equilibrarsi, lanciare, prendere,
saltare, correre, palleggiare, calciare, etc.
DOVE È il contesto nel quale il soggetto esegue il compito: la palestra, il cortile, uno stanzone, un
prato, un’aula, il corridoio.
La capacità di apprendere è essenziale per esistere. Affinché le esperienze di
apprendimento per gli allievi siano gratificanti e produttive, essi devono sapere dove vogliono
andare e gli educatori devono essere in grado di assisterli per raggiungere lo scopo
Apprendimento motorio: cambiamenti dei processi interni che determinano la capacità di
un individuo di eseguire un’azione motoria. Il livello di apprendimento motorio migliora con
l’esercizio
• L’apprendimento motorio è correlato alle esperienze passate e alle difficoltà di percezione
• Un apprendimento motorio di qualità può essere acquisito anche senza concatenazioni
didattiche particolari. Ciò che conta, invece, è la presenza di un buon clima ludico e di
relazione, ravvivato dalla continua motivazione e partecipazione.