giovedì 5 gennaio 2017

LA CATEGORIA PULCINI

Fantasia, creatività, esuberanza, passione, dolcezza, entusiasmo, lealtà, sono caratteristiche tipiche della fanciullezza. La fascia di età che va dagli 8 ai 10 anni può essere considerata un'età d'oro per l'apprendimento, un periodo fecondo caratterizzato da una elevata disponibilità motoria e intellettuale.

Il profilo psicomotorio del bambino di 8 - 10 anni e le sue relazioni
L’obiettivo dell’insegnamento del calcio ai bambini e bambine può essere riassunto nella seguente frase: muoversi - con competenza tecnico/tattica - insieme ad altri coetanei - per raggiungere obiettivi comuni - divertendosi.
Se questa è la prospettiva in cui inserire l’insegnamento del calcio ne derivano alcune conseguenze operative la cui applicazione potrebbe essere di aiuto all’azione degli allenatori e degli altri adulti che interagiscono con questi bambini

Cosa ricercano i bambini nel calcio
Le motivazioni che caratterizzano i bambini in questa fascia di età sono le seguenti: trarre piacere dall’azione sportiva, muoversi pensando, sapersi assumere dei rischi calcolati e saper vivere in gruppo. Trarre piacere dell’azione sportiva è estremamente importante in quanto soddisfa una delle motivazioni che determinano il coinvolgimento sportivo: quella di entusiasmarsi, di divertirsi e di spendere energia attraverso il movimento. Il calcio consente di soddisfare questa motivazione attraverso allenamenti in cui vi sia un’adeguata varietà di esercizi, alcuni di più facile esecuzione altri più difficili, in cui i ragazzi siano costantemente impegnati, riducendo così al minimo indispensabile i momenti di pausa o di attesa. Muoversi pensando significa invece imparare a servirsi dei propri pensieri mentre si gioca. Avere calciatori psicologicamente autonomi in campo dovrebbe essere l’obiettivo di ogni allenatore, questo comporta che nei momenti di maggior pressione agonistica questi sarebbero in grado di non perdere la testa e di continuare a perseguire i propri obiettivi di gioco. Questo atteggiamento va costruito nei giovani sin da quando sono bambini facendogli svolgere delle esercitazioni in cui devono prendere delle decisioni e rinforzando non solo la correttezza delle loro scelte ma soprattutto la capacità di operare delle scelte. Pertanto, non deve essere insegnato ai bambini solo ad agire in funzione delle istruzioni ricevute dall’allenatore, ma bisogna creare delle situazioni in cui autonomamente devono risolvere situazioni di gioco.
Al muoversi pensando, ben si collega il sapersi assumere dei rischi calcolati durante il gioco. Sempre più spesso si sente affermare dai tecnici che i giovani calciatori tirano raramente in porta e non sanno effettuare un dribbling. Dal punto di vista psicologico queste sono situazioni individuali rischiose, in cui è possibile sbagliare ed essere tacciati dagli altri di essere egocentrici o troppo individualisti. Certamente uno sport di squadra richiede spirito di gruppo e la capacità di lavorare per la squadra ma richiede pure espressioni creative e la capacità di assumersi le proprie responsabilità (anche quella di effettuare un tiro sbagliato). Il ruolo dell’allenatore è essenziale nel favorire l’affermarsi di questa mentalità. Il bambino assumerà dei rischi se sa che il tecnico apprezza questo modo di agire e non premia soltanto le azioni corrette o quelle che sono state preparate in precedenza insieme alla squadra. Bisogna, quindi, mantenere un equilibrio fra rischio individuale e gioco collettivo e gli allenamenti devono servire a insegnare ad agire in questa maniera. L’ultima dimensione da sviluppare riguarda la capacità di vivere in gruppo. Il sentirsi parte di un determinato contesto sociale, in questo caso la squadra di calcio, soddisfa uno dei bisogni primari e, pertanto, saper rispettare le regole del gruppo, collaborare in un ambiente competitivo, imparare ad anteporre i propri obiettivi personali a quelli della squadra sono fra gli elementi chiave nell’educazione di ogni individuo.

Le regole
In relazione ai coetanei i bambini di 8-10 anni preferiscono coloro che si dimostrano collaborativi e che contraccambiano ciò che ricevono. A questa età i bambini preferiti non vengono solo più scelti in funzione di alcune loro caratteristiche strettamente individuali (ad esempio, la maestria nel gioco o la forza fisica) ma in base anche ad abilità interpersonali, quali la lealtà e l’accettazione reciproca. L’allenamento dovrebbe essere strutturato così da incentivare la collaborazione fra i calciatori, in tal modo si favorirebbe ulteriormente l’affermazione della capacità di mettersi nei panni degli altri, ponendo un limite a quegli individualismi nel gioco che sono solo motivo di litigio nella squadra e che dai bambini, in linea di massima, verrebbero risolti applicando la legge della reciprocità: “Non hai passato la palla, adesso lo farò anch’io”. L’appartenenza al gruppo squadra svolge un ruolo essenziale nello sviluppo della capacità di collaborare e maggiore sarà il senso di amicizia che i bambini sviluppano maggiore sarà la coesione in campo. Al contrario minori saranno i legami interpersonali maggiore sarà la tendenza a non seguire le regole stabilite e minore sarà l’accettazione dei comportamenti degli altri.
In relazione alle regole stabilite dall’allenatore, i bambini di questa età le interpretano meno come modalità arbitrarie di controllo e ne comprendono la motivazione e l’utilità. Se nelle età precedenti era più abituale pensare che l’allenatore imponeva le regole “perché è più grande, perché è più forte, perché sa riconoscere quando diciamo le bugie” ora i bambini pensano che bisogna obbedire “perché sa cosa è utile per noi ed è più esperto”. I bambini accettano, quindi, le regole stabilite dall’allenatore e ne comprendono i vantaggi e, nello stesso tempo, i tecnici per mantenere questa condizione positiva, devono comportarsi in modo coerente con quanto hanno stabilito. Infatti, ora i fanciulli sanno quando gli adulti non le rispettano e richiedono spiegazioni, che ovviamente vanno fornite.

Accettare le sconfitte o contestare l'arbitro e l'allenatore
Gli adulti (genitori, allenatore e accompagnatore) svolgono un ruolo fondamentale nel fornire al fanciullo un sistema per interpretare quanto succede durante la partita. Ancora troppo spesso si sentono allenatori urlare dalla panchina contro i bambini che non eseguono le loro istruzioni o contro gli arbitri (con maggior veemenza se è una ragazza!), o genitori che si vogliono sostituire ai tecnici o che inveiscono contro l’allenatore perché non fa giocare il loro figlio. In questi casi l’obiettivo è quello di esprimere le proprie passioni, senza badare agli effetti che producono e comunque si ha l’intenzione di offendere il ricevente. A questo riguardo le indicazioni da seguire sono le stesse codificate dal calcio a livello internazionale e che riguardano il fair-play e cioè la cosiddetta sportività. A questo riguardo, i genitori devono sostenere i loro figli, mostrando una comprensione affettuosa verso di loro, ascoltando le loro esperienze calcistiche, sostenendo l’entusiasmo che i bambini dimostrano e chiedendogli se si divertono. In relazione invece agli allenatori, i preferiti sono quelli capaci di: rinforzare, incoraggiare dopo un errore, fornire istruzioni tecniche dopo un errore, riconoscere l’impegno, organizzare l’attività in maniera precisa e mantenere la disciplina. Al contrario, gli allenatori meno preferiti sono coloro che con maggior frequenza forniscono: punizioni, istruzioni tecniche date in maniera punitiva dopo un errore e non sanno mantenere la disciplina. In sostanza i bambini vogliono imparare e migliorare le loro competenze sportive in un ambiente che sia regolato da regole precise e in cui si sentano psicologicamente sostenuti.  Infine, se vogliamo che i bambini imparino ad essere responsabili, essere coraggiosi, lavorare in squadra e mantenere un elevato impegno non possiamo permettere che imparino dagli adulti a dare la colpa dei loro errori, di quelli della squadra e delle sconfitte all’arbitro o ad altri fattori esterni. Più frequenti sono i comportamenti degli adulti che spiegano le difficoltà incontrate in termini di colpe di altri maggiore sarà la probabilità che i bambini non sviluppino quelle caratteristiche psicologiche sopra riportate. Ad esempio, i bambini si sentiranno autorizzati a contestare l’operato dell’arbitro se avranno visto l’allenatore (o altri adulti) agire in quella stessa maniera.

Come vivere la partita
I bambini prima di una partita provano sensazioni di forte curiosità verso quello che andranno a fare, vogliono vincere, divertirsi, mostrare quanto sono bravi e non vedono l’ora che inizi. L’obiettivo degli adulti, dall’accompagnatore al genitore e all’allenatore dovrebbe essere quello di sostenere questo clima positivo e ricco di energia psicologica, senza trasformare quella partita in una finale della Coppa del Mondo. Gli allenatori dovranno trasmettere ai loro bambini la convinzione che la squadra nel suo complesso riuscirà, con il proprio impegno collettivo, a soddisfare le motivazioni di ognuno di loro.
Inoltre, la partita dovrebbe servire per comprendere come ogni bambino vive l’errore; come qualcosa da nascondere e di cui giustificarsi o come l’unica opportunità di miglioramento? Una valutazione di quale atteggiamento e reazione determina l’errore consentirebbe di allenare in seguito i bambini ad assumere un approccio più corretto. Un suggerimento: prima di mettere in atto questo processo l’allenatore dovrebbe chiedersi: “sono consapevole di come vivo i miei errori e di come reagisco a quelli della squadra? C’è qualcosa che voglio fare per migliorarmi?”

Aspetti peculiari del bambino di 8 - 10 anni
bambini a questa età hanno superato la fase spiccatamente egocentrica che ha caratterizzato il loro comportamento nell'età precedente. Cominciano ad acquisire una predisposizione alla collaborazione e a decentrare la qualità delle loro azioni motorie, che vengono inserite in un contesto di gioco collettivo; in altre parole le esigenze della squadra cominciano a porsi in una posizione gerarchica non subalterna rispetto all'individualismo, centro in passato dei loro comportamenti.
Questo predispone il piano didattico a concepire l'insegnamento tecnico in un contesto applicativo, dove il rapporto con la palla è regolato sul piano cognitivo da afferenze di natura situazionale. La natura degli esercizi proposti sarà caratterizzata da un ambiente in continuo divenire, i parametri spazio e tempo dovranno sollecitare continui adattamenti.
Le chiavi comportamentali tecniche, disponibili a creare adattamenti efficaci, non saranno poste come avveniva anni fa’ su un versante esclusivamente di natura biomeccanico, ma dovranno risultare funzionali, in una dialettica dove qualità del gesto e applicabilità dello stesso interagiscono e si integrano.  Questo sta a significare che pur predisponendo nella didattica momenti nei quali l’allievo dovrà mostrare attenzione sul come eseguire un fondamentale tecnico, sarà prevalente nell’insegnamento un’attività spiccatamente situazionale. 



Figura 16 - situazione di gioco semplificata per eseguire lo smarcamento (il disturbatore)
L’esempio mostrato nella Figura 16, definisce il comportamento tecnico del passaggio in un contesto di gioco estremamente semplificato dove il giocatore in possesso di palla dovrà stare attento non solo alle modalità di esecuzione, ma anche al quando eseguire il passaggio e al dove indirizzarlo, in relazione al movimento di smarcamento del compagno e al movimento del difensore posto su una linea (situazione semplificata)

Principi di base per la programmazione nella categoria Pulcini
La programmazione che andremo a strutturare, avrà come riferimenti i tre grandi parametri che interagiscono nell’ambito della prestazione di gioco: tecnico, tattico e fisico.
Sul piano tecnico, i grandi obiettivi da raggiungere, riguardano le condotte tecniche fondamentali, gli strumenti operativi essenziali che durante il gioco permettono la risoluzione di problemi tattici.
Favorire un migliore comportamento tecnico, sta a significare che l’itinerario formativo, non avrà uno sviluppo esclusivamente mirato all’acquisizione di un preciso modello, ma dovrà subire sollecitazioni dove “ostacoli “ di natura coordinativa implicheranno continui adattamenti. Allo stesso modo l’esecuzione delle varie gestualità, riceveranno sollecitazioni di natura spazio-temporale riferita alla ricerca di rapidità, alla presenza di avversari, in una situazione di maggiore o minore complessità, in funzione del grado di abilità acquisito. Il versante tattico in stretta congiunzione con l’ambito tecnico, e non potrebbe essere altrimenti vista la natura del gioco, si mostrerà più attento a costruire comportamenti di collaborazione, che in fase di possesso e di non possesso palla, risultano regolatori fondamentali dei comportamenti collettivi. Ci riferiamo per esempio a concetti di appoggio, sostegno, passaggio a muro oppure di posizionamento difensivo, copertura dello spazio, movimenti verso l’avversario in possesso di palla. Tutti questi comportamenti andranno sollecitati attraverso una continua ricerca che si svilupperà attraverso il gioco, dove l’intervento dell’istruttore sarà quello di generare entusiasmo, curiosità, esplorazione; il bambino dovrà in forma autonoma trovare soluzioni efficaci sollecitando il suo “impianto” cognitivo a generare continue soluzioni.  Non dobbiamo confezionare per lui comportamenti stereotipati, suggerendo continuamente quali azioni compiere, ma dovremmo contribuire alla formazione di quell’autonomia che risulterà fondamentale a fargli trovare soluzioni efficaci in gara. Per quanto riguarda lo sviluppo della componente fisica, non dobbiamo assolutamente pensare alla preparazione atletica che svolgono gli adulti; spesso si tende ad imitare quello che fanno i grandi proponendo esercitazioni a carattere fisico, che rischiano di produrre danni all'impianto scheletrico del bambino in via di accrescimento. Sicuramente andranno proposti giochi di rapidità curando particolarmente la frequenza dei movimenti, si presterà attenzione ad esercitazioni dove il bambino dovrà rispondere rapidamente (capacità di reazione) a stimoli di natura visiva o acustica, la componente aerobica andrà sollecitata attraverso il gioco, evitando tra l'altro troppi tempi morti all'interno della lezione (eccessive e inutili spiegazioni, lunghe file di attesa).  Il piano di lavoro annuale dovrà essere concepito attraverso una scansione temporale dove risulterà chiaro come i vari anelli della formazione siano gerarchicamente predisposti al fine di costruire e sollecitare comportamenti tecnici e tattici adeguati all’età. L’istruttore dal punto di vista metodologico più che dirigere e impartire ordini, dovrà osservare per modificare eventualmente metodo e contenuto; suo compito sarà quello di creare un ambiente ricco di motivazioni, suscitando nei bambini interesse e piacere nell’allenamento. Non dovrà utilizzare nella correzione degli errori reiterati comportamenti disapprovativi, questi producono ansia, sfiducia e disattivano ogni spinta che nel bambino è naturalmente presente a migliorarsi. Viceversa nella correzione degli errori, deve valorizzare la parte fatta bene e poi spostare il suo intervento per correggere la parte fatta male. Inoltre non dobbiamo considerarlo un adulto in miniatura e coerentemente a quanto viene proposto durante l’allenamento, anche il modello di gioco (dal 5c5 al 9c9) si struttura su spazi e numero di giocatori ridotti, “come un vestito che cresce insieme a chi lo indossa ” anche la struttura del gioco cambia coerentemente alle disponibilità psico-fisiche del bambino . Uno spazio e numero di giocatori adeguato consente un loro maggior coinvolgimento, un più elevato numero di contatti col pallone, un maggior dinamismo tra fase di possesso e non possesso, un maggior numero di conclusioni a rete.


Gli obiettivi didattici
Come le strutture di gioco si modificano, così anche gli obiettivi didattici e i percorsi formativi hanno un itinerario conforme alle esigenze del bambino.
 

Nella Tabella 12 viene illustrato sinteticamente l’excursus didattico proposto nel corso dei tre anni dell’attività pulcini. Il patrimonio motorio acquisito consentirà al giovane calciatore di misurarsi efficacemente ed adeguatamente col gruppo dei pari, gli consentirà di esprimersi in maniera creativa e personale, collocandolo al centro della programmazione didattica. Un siffatto piano sarà in grado di garantire ad ognuno la possibilità di esprimere compiutamente le proprie potenzialità, non obbligandolo a diventare un campione ma allo stesso tempo non privandolo del sogno di poterlo, chissà, un giorno diventare.

Fonte:guida tecnica figc

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