E' importante ricordare che
l’organismo umano, soggetto a determinate sollecitazioni fisiche prodotte
dall’esterno, tende ad interiorizzare lo stimolo, creando specifici presupposti
di adattabilità.
Questo modo
evidenzia che il processo di apprendimento psicomotorio pur basandosi sulle
potenzialità biologiche individuali ad acquisire competenze dipende dalla sua
disponibilità, dalla qualità dell’intervento educativo e dal sostegno
dell’ambiente sociale di provenienza. Il bambino, fin dai primi mesi di vita, possiede
un proprio itinerario biologico, contraddistinto sostanzialmente sia da fattori
relegati alla specie umana che dai caratteri ereditari trasmessi dai genitori.
Il supporto
e la guida fornita dall’ambiente sociale consente al bambino di confrontarsi
con la realtà e di acquisire una sempre maggior autonomia psicologica e
motoria.
Pertanto
maggiore in quest’ultimo ambito, sarà la varietà di esperienze motorie che
verranno fornite, maggiore sarà la risposta adattativa con conseguente crescita
della motricità.
Il processo
didattico insegnamento/apprendimento dipenderà perciò dal rapporto
allenatore/allievo e deriverà dalla corrispondenza fra stimolo e risposta.
È chiaro
però che una maggiore predisposizione del bambino verso una classe di sport o
per uno sport specifico (fattore genetico), faciliterà gli adattamenti
ricercati.
E’ anche
vero comunque che determinate premesse (potenzialità) rimarrebbero tali se non
venissero offerte significative opportunità esperienziali.
Negli ultimi
anni, gli interessi di studio nel campo dell’educazione fisica e sportiva
giovanile si sono sempre più rivolti alla conoscenza specifica delle varie
tappe dell’apprendimento motorio, ed alcune ricerche dirette in tal senso hanno
ipotizzato l’esistenza di momenti biologici più favorevoli per lo sviluppo di
determinate capacità. In letteratura specializzata, diversi autori concordano
nel definire questi periodi evolutivi fasi sensibili o momenti magici (vedi Tavola 4).
Il periodo
più favorevole, dove si può osservare una maggiore “spinta alla crescita” delle
capacità coordinative, comprende l’età che va dai 7 ai 12 anni.
Dopo questa
fase l’incremento appare più lento, ovvero gli stimoli d’adattamento non
provocano risposte adeguate.
Tale
assunto, suffragato da tesi sperimentali, deve far riflettere attentamente
riguardo alla pianificazione didattica da applicare in questo particolare
periodo evolutivo.
Bisognerà
perciò ricorrere a metodologie di lavoro che favoriscano lo sviluppo generale
della motricità, ampliando la base delle opportunità motorie, proponendo
esperienze di tipo polisportivo a valenza multifunzionale.
Decisivi
sono perciò il genere, la quantità e la qualità dell’attività svolta.
“Molti
bambini ritenuti maldestri o non sufficientemente coordinati, non nascono tali,
lo diventano, perché hanno avuto poche possibilità di sviluppo autonomo e
perché la loro motricità è stata repressa dall’ambiente che li circondava”.
Nello stesso
periodo, sembra favorevole anche lo sviluppo della capacità di rapidità, in
particolar modo la capacità di reazione e la frequenza di movimento, mentre la
rapidità aciclica e la rapidità d’azione esprimono il loro massimo sviluppo
qualche anno più tardi.
Allo stato
attuale delle conoscenze, si può parlare di una fase sensibile per la forza
rapida e per la resistenza alla forza attorno ai 9 anni d’età.
Per il loro
sviluppo è indispensabile che le resistenze esterne siano talmente scarse da
rendere possibile un’elevata rapidità di contrazione (si consiglia di
utilizzare carichi naturali).
L’allenabilità della forza massima inizia
invece con la prima fase puberale
La
resistenza aerobica è una capacità relativamente neutra, rispetto allo
sviluppo.
La sua
formazione può essere avviata in età prescolare e continuare per tutte le tappe
successive.
La spinta
maggiore comunque si avverte nel periodo puberale. Risulta invece relativamente
più difficile nel periodo pre-pubere, allenare in forma specifica la resistenza
anaerobica, sia per limiti biologici (insufficiente produzione di testosterone
correlato ad alcuni enzimi della glicolisi anaerobica), che per l’intensità
psichica richiesta in alcune forme di lavoro.
Per quanto
riguarda la mobilità articolare, si deve distinguere tra mobilità passiva e
attiva. La mobilità passiva va posta fra le capacità precoci: il suo periodo di
formazione inizia già dai primi anni di vita, comprende tutta l’età scolare e
continua fino alla prima fase puberale. Il periodo formativo più efficace per
la mobilità attiva invece ha inizio successivamente e presuppone un certo grado
di sviluppo delle capacità di forza.
Una maggiore
“fertilità” nell’apprendimento delle tecniche sportive si avverte in
coincidenza con lo sviluppo delle capacità coordinative ma con un leggero
ritardo su di esse.
Questa fase
si può collocare fra gli 8-10 anni per le femmine e 11-12 anni per i maschi.
Una
successiva spinta di sviluppo, che può essere definita anche fase di
consolidamento tecnico, si nota intorno ai 14-15 anni dopo aver superato il
periodo critico della pubertà che provoca modificazioni della statura, della
massa e delle proporzioni corporee, e dei rapporti forza-peso e forza-leve che
ne derivano.
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.